Oggi vi voglio parlare di motivazione al lavoro, tema sempre molto caldo per chi gestisce collaboratori, soprattutto in contesti competitivi e di vendita, dove il budget è importante.
Secondo un’affermata teoria psicologica condivisa da molti studiosi, le persone agiscono mosse da due tipi di motivazioni:
le motivazioni intrinseche, che generano comportamenti gratificanti in
se stessi e non producono conflitto tra desiderio e azione.le motivazioni estrinseche, che generano comportamenti che non sono
gratificanti in se stessi, ma che tendono ad ottenere ricompense esterne
(denaro, piacere, ecc.) o evitare sofferenze (punizione, dolore, ecc.).
Le motivazioni
intrinseche sono più forti ed ottengono risultati più duraturi nel tempo poiché
derivano dal sistema profondo di valori delle persone. Le motivazioni estrinseche,
invece, ottengono risultati solo estemporanei, che al massimo durano il tempo
dello stimolo. In questo caso, inoltre, le persone agiscono senza convinzione e
sono quindi poco produttive.
Capire qual è la motivazione profonda e fare
leva su di essa non aumenta solo il benessere del collaboratore, ma anche la
sua efficienza e produttività. In questo caso, infatti, il collaboratore agisce
perché è convinto e soddisfatto di ciò che sta facendo.
Incentivare all’azione con premi in denaro non
è sbagliato, ma solo se viene vissuto come il giusto premio di un impegno
coronato da successo. In caso contrario, l’effetto durerà poco tempo.
Peggio ancora sarebbe pensare di poter
motivare le persone con le punizioni: anche in questo caso, l’effetto sarebbe
del tutto contrario allo scopo. Nessun buon collaboratore resisterebbe a lungo
in un contesto lavorativo caratterizzato dal rimprovero o dalla coercizione. E se
anche il dipendente dovesse rimanere, il capo dovrebbe esercitare un
controllo continuo che renderebbe del tutto impossibile un processo di delega
efficace.
Chi agisce mosso dalla motivazione intrinseca,
invece, lavora con soddisfazione e affronta i propri compiti con impegno e
autodeterminazione, senza bisogno di un controllo assillante da parte del capo.
A questi importanti concetti, due psicologi americani Deci e Ryan hanno aggiunto la teoria dell’auto-determinazione, che individua tre bisogni fondamentali dell’uomo che sono alla base della motivazione intrinseca:
la Relazionalità, cioè il bisogno di coltivare relazioni sociali
appaganti e proficuela Competenza, cioè il bisogno di agire in modo efficace nel proprio
contesto (professionale, personale, ecc.)l’Autonomia, cioè il bisogno di autodeterminare le proprie scelte di
vita.
Le persone tendono
a voler soddisfare tutti e tre i bisogni, ma a livelli diversi. Di solito,
infatti, gli individui sono maggiormente orientati ad una delle tre aree.
Facciamo qualche
esempio: sapere che per un collaboratore è importante soddisfare soprattutto il
bisogno di competenza, significa sapere che per lui è motivante apprendere cose
nuove mentre è demotivante affrontare compiti troppo semplici o ripetitivi.
Se invece un
collaboratore è motivato dal bisogno di relazionalità, probabilmente soffrirà in
contesti lavorativi molto competitivi, preferendo quelli nei quali è più facile
l’affiliazione tra le persone.
Infine, un
collaboratore che ha bisogno di autonomia per essere motivato, dovrà avere la
sensazione di aumentare la propria professionalità e cercherà di rendersi
autonomo nel proprio ruolo. Al contrario, soffrirà in modo
particolare l’eccesso di controllo da parte del capo.
Capire i bisogni fondamentali del collaboratore risulta quindi determinante per usare le leve giuste della motivazione.
Sono un coach e un formatore, lavoro soprattutto con consulenti di vendita e manager. I miei percorsi sono sia individuali che di team. Contattami per saperne di più: antonio@sanna.coach
Antonio Sanna
Coach | Formatore
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